Teatri Uniti: una casa dalle porte aperte

di Alessandra Fonzi

L’incontro con Angelo Curti e Lino Fiorito sull’esperienza di Teatri Uniti, tenutosi il 21 febbraio presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli – apre un ciclo di dibattiti sulle imprese culturali che operano con successo a Napoli.

Teatri Uniti è una realtà di piccole dimensioni, che ha creato però occasioni e incontri produttivi importanti, con spettacoli che girano il mondo, anche nel nome di questa città. Punto di riferimento per molti artisti, come Andrea Renzi, Toni Servillo, Licia Maglietta, conta tra i fondatori anche Mario Martone e Antonio Neiwiller e mantiene un dialogo continuo con registi come Sorrentino, Incerti, Garrone. Attraversare Teatri Uniti è una condizione più che una scelta – ha detto Curti – raccontando una storia che rappresenta una testimonianza e un esempio per molti giovani.

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Teatri Uniti nasce nel 1987 dall’incontro tra Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta. Si sviluppa negli anni Ottanta, ma raccoglie l’eredità del decennio precedente, che costituisce soprattutto un argine alla superficialità e valorizza lo “stare insieme”, la contaminazione tra generazioni e linguaggi diversi, una costante tensione verso la ricerca, la pratica di un processo produttivo collettivo e autonomo, lontano dal rischio della ripetitività o della produzione in serie. Un esempio di grande interesse nel panorama attuale, dove le esperienze culturali, nonostante le maggiori possibilità di collegamento, non costituiscono una rete, non fanno movimento.

La struttura fondamentalmente debole e fluida, che non è sempre in grado di garantire adeguate opportunità e risorse agli artisti, risulta sotto altri aspetti un punto di forza, una spinta a guadagnarsi uno spazio con maggiore libertà nelle scelte. Teatri uniti è “una casa dalle porte aperte”, un’esperienza ricca di scambi, anche con chi ha trovato prevalentemente altrove occasioni di lavoro.

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E’ soprattutto per motivi di tipo logistico che molti artisti lasciano Napoli e forse non ha senso chiedersi perché, raggiunto il successo sul piano nazionale e internazionale, non tornino qui. Vivere a Napoli è in sostanza una scelta personale, dice Fiorito, anche di “resistenza” rispetto alle enormi difficoltà quotidiane. Ci sono però forti motivi di attrazione per gli artisti: la possibilità di condividere i propri percorsi, di trovare dei compagni di strada, l’esperienza forse unica di una tradizione vivente, non museizzata, di una memoria storica che abita il presente. A Napoli il filo delle energie poetiche non si è mai spezzato e anche le iniziative più innovative continuano a confrontarsi con la tradizione.

In un mondo in cui la tecnologia rende meno rilavante la localizzazione, non è importante attrarre, ma suscitare, dare alle energie creative la possibilità di svilupparsi ed esportare la propria cultura. Inoltre non serve creare contenitori, magari strutture stabili ed economicamente impegnative che affogherebbero nelle difficoltà pratiche o nelle dinamiche clientelari. .

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