Giovani, l’allarme di Melillo “I migliori lasciano la città” (articolo pubblicato su La Repubblica)

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Articolo di Alessio Gemma pubblicato su Repubblica Napoli del 16 febbraio 2020

Di fronte ha una platea di studenti. Al centro del dibattito al Pan organizzato da “VivoaNapoli” il tema della sicurezza in città. Il procuratore Giovanni Melillo misura le parole e, dopo aver tratteggiato i contorni di una camorra che ormai spara sempre meno e investe di più nell’economa, fa una pausa, tira quasi un sospiro e sceglie il messaggio da lanciare ai ragazzi: «Io sono molto preoccupato delle sorti di questa città perché i giovani migliori vanno via. È l’aspetto positivo della globalizzazione da un lato, ma dall’altro credo che a questa terra occorra restituire quello che vi ha dato. Altrimenti qui resteranno i peggiori. Che non sono solo i più cattivi ma magari quelli che hanno avuto meno chance e hanno subito le umiliazioni dovute alle disuguaglianze».

melilloNon è un discorso politico. Piuttosto il capo dei pm napoletani parte da una premessa: «La giustizia, le Procure, gli arresti da soli non bastano contro le organizzazioni mafiose. Occorre sottrarre la città al degrado urbanistico, educativo e sociale che sono vere e proprie ferite alla promessa di uguaglianza scritta nel nostro patto costituzionale». Ecco perché Melillo rivolge un monito ai ragazzi: «Serve che voi giovani rivendichiate il diritto per esempio ad avere scuole e strade migliori, ad avere accesso a possibilità che corrispondono ai vostri meriti».

È lo snodo di una discussione che parte dalla domanda di Emilia Leonetti, presidente dell’associazione VivoaNapoli: «Napoli risulta al 17esimo posto per le denunce in una recente classifica, eppure sappiamo che c’è criminalità diffusa, una violazione costante delle regole. Significa che ormai c’è diffidenza
e rassegnazione?». L’analisi di Melillo si basa sulle evidenze di indagini e processi. «Ormai un camorrista usa dire: “Faccio droga e faccio Iva” – sottolinea il procuratore – Quindi non solo più spaccio di stupefacenti. Per fare Iva i clan devono avere a che fare con società, consulenti finanziari, commercialisti, con tutto ciò che ruota intorno a frode fiscale e corruzione». La conclusione del procuratore prende spunto da un saggio dello storico Giustino Fortunato: «Le classi dirigenti nel Mezzogiorno hanno sempre nutrito pulsioni eversive rispetto alla legge, c’è chi decide di sottrarre risorse alla collettività magari proprio attraverso la corruzione e la frode fiscale che sono ormai gli strumenti tipici della camorra». È la cerniera che unisce gli esponenti della criminalità alla borghesia delle professioni.

sianiPaolo Siani, deputato e fratello del giornalista ucciso dalla camorra, mette in guardia gli studenti: «Se
crescete inserendo nella vostra quotidianità quelle piccole eccezioni alle regole, come guidare senza casco o attraversare a piedi col rosso, allora c’è il rischio di diventare come quel commercialista che pensa di non fare poi così male se aiuta un mafioso. È più faticosa la strada della legalità se la si percorre da soli ma se la seguiamo tutti insieme diventa facile».

Don Tonino Palmese dell’associazione Libera è convinto: «Non si nasce camorristi. La camorra risponde a un bisogno di comunità. Come la si combatte? Con pratiche di legalità. Per esempio si va a scuola ma si va per studiare. Non mi vergogno a dirvi che da ragazzo ho conosciuto l’esperienza della bocciatura ma mi è servita per ragionare, per interrogarmi su quello che stavo facendo». Si alternano le domande dei ragazzi. Si affronta la piaga della microcriminalità.

giulianoPer il questore Alessandro Giuliano «la caduta nel crimine per i più giovani dipende spesso da marginalità, degrado, assenza di opportunità. Ma è giusto non fare di tutta l’erba un fascio, visto che a volte si tratta di disagio e delinquenza giovanile, altre volte di manifestazioni della criminalità di tipo mafioso. Bisogna approfondire sempre i singoli episodi». E agli studenti Giuliano raccomanda: «Scegliete sempre da che parte stare, quando un vostro compagno compie atti di violenza  nei confronti di una ragazza o quando assistete a fenomeni di bullismo». In sala Domenico Ciruzzi, presidente della fondazione Premio Napoli.

Intervengono anche l’avvocato Gennaro Esposito, presidente del comitato per la “vivibilità cittadina” e Maria Luisa Iavarone, docente e mamma di Arturo, il 17enne ferito nel 2017 in via Foria da una baby gang. «Durante i laboratori che portiamo avanti per sottrarre giovani alla devianza – racconta Iavarone – di recente uno di quei ragazzi mi ha spiegato che la camorra, o “il sistema” come lo chiamano, continua a
essere un riferimento nel suo quartiere visto che con un motorino, una pistola e mezza piazza di spaccio ci si guadagna un po’ di rispetto».

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