Il valore della cultura

di Diego Guida
articolo pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno del 20 febbraio 2013

Ogni qualvolta mi capita di rileggere la definizione che, oltre 30 anni fa, ne dava Robert Kennedy, non posso fare a meno di riflettere sulle ragioni profonde che lo hanno reso uno dei più grandi statisti e politici dei tempi moderni: “Il Pil? Misura tutto, ad eccezione di ciò che rende la vita davvero degna di essere vissuta”. Impossibile restare indifferenti a questa lezione di straordinaria concretezza e al tempo stesso di sensibilità e rispetto verso gli altri.

In Italia, il rispetto, è diventato uno slogan e null’altro. Poco si fa per incidere in maniera significativa affinché agli uomini sia garantito il minimo indispensabile per vivere un’esistenza degna, strutturando la società in modo che sappia promuovere cultura e lavoro, di cui tanto ci parla l’Europa da Delors in poi.

E’ di questi giorni un appello che ha lanciato l’Accademia dei Lincei in cui vengono sollecitati interventi per la centralità del sistema scolastico, delle università e degli enti di ricerca che costituiscono la pre-condizione di un vero sviluppo del Paese e manifestano rispetto verso i giovani e le generazioni future che non vanno illuse né trascurate.

Le analisi condotte da FederCulture e da Confindustria Cultura Italia, dimostrano che il settore cultura ha generato 68 miliardi di euro nel solo anno 2011, pari al 4,9% del valore aggiunto dell’intera economia italiana; ha impiegato 1,4 milioni di persone pari al 5,7% degli occupati. Nel triennio 2007/2010 l’industria culturale è cresciuta del 3% contro lo 0,4% complessivamente; ha assunto 13 mila persone pari ad un + 0,9% in controtendenza rispetto al resto dell’economia che riporta un  – 2%.

La dimensione del settore culturale nella sola provincia di Napoli è rappresentato da 3.421 imprese pari al 2% del totale delle attività economiche della provincia (172.922)  e impiega poco più dell’ 1% degli addetti (690.830). In città di Napoli sono 1.780 le imprese culturali presenti (52% delle unità culturali di tutta la provincia , e sono 7.010 gli addetti pari al 62%del totale, nei comuni della provincia ci sono altre 1.641 imprese culturali.

I numeri indicati sembrano di tutto rispetto, ciononostante le imprese impegnate soffrono di nanismo e con l’attuale crisi non avranno di certo vita facile nei prossimi mesi.

Finanche Censis ed Istat hanno voluto cominciare a ragionarci su: nasce così un nuovo parametro di indagine, il BES, acronimo di Benessere Equo e Sostenibile, pensato per calcolare il benessere equo e sostenibile, per valutare l’importanza ed il valore dello scambio culturale e consentire una più adeguata programmazione per le possibili azioni politiche. Occorre servirsi di questi indicatori  per il recupero di quel che può definirsi il patrimonio emotivo e culturale da cui nasce non solo il soddisfacimento personale, ma soprattutto quello collettivo che, in fondo, è la chiave perché l’uomo possa tornare al centro del pensiero e dell’azione

Quali, dunque gli obiettivi su cui puntare? Innanzitutto un serio e concreto impegno per la redazione di piani di rilancio culturale della città e del Mezzogiorno: immaginare azioni per favorire la massima fruibilità di beni e attività culturali; incentivare ogni impegno culturale “tout court” indispensabile per attrarre attenzione verso temi di importanza strategica per la rinascita della città, per individuare proposte  per: la creazione di un indotto; l’elaborazione di un’agenda di impegni tra politica ed operatori per il migliore accesso ai fondi U.E. per la Cultura; la redazione di un vero e proprio piano per la lettura. In Italia il neonato Centro per la lettura ed il libro ha una dotazione di solo 2 miloni di euro con cui pagare dipendenti, utenze  e fitti, restano per le azioni circa duecentomila euro all’anno, in Francia la stessa organismo ha una dotazione di circa 40 milioni di euro…

Finanche il Governo del Brasile, con la Ministra per la Cultura Marta Suplicy ha istituito il “buono spesa per la cultura”da distribuire a chi ha un reddito inferiore ai 1.250 €. Un accredito mensile di €. 20,00 (50 reais) sarà valido per ingressi ai musei, acquisto di libri, biglietti di cinema e concerti di musica. Il buono sarà pagato al 90% dal datore di lavoro che potrà dedurlo dalle tasse, mentre il restante 10% sarà a carico del lavoratore che otterrà così servizi culturali al costo scontato del 90%. Si crea così, “cibo per l’anima” anche per i poveri.

In Spagna, a Barcellona, gli investimenti in ricerca, sperimentazione, alta tecnologia e cultura poggiano principalmente sulle spalle delle più grandi aziende nazionali, ma godono anche di un appoggio cruciale delle istituzioni. Il governo ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti della produzione culturale, coscienti del fatto che buona parte del favore di cui gode la città all’estero deriva dal suo appeal di urbe frequentatissima dai giovani e culturalmente attiva.

Forse anche in Italia è necessario avviare un processo di cooperazione tra ministeri, o meglio la creazione di organismi più snelli che istituzionalmente possano consentire una politica ed una programmazione di lunga durata che possa costruire realmente.

Di qui la provocazione di Ernesto Galli della Loggia e di Roberto Esposito che hanno proposto l’istituzione di un nuovo ministero per la Cultura che raccolga in se le competenze di Presidenza del Consiglio, ministero per i beni culturali, e  più autonomo anche dal punto di vista economico e finanziario può certamente rappresentare l’opportunità di continuare a fare parlare di questi temi, a ragionare sull’ uso alternativo del nostro patrimonio culturale (senza per questo mortificarlo) ad oggi ancora fin troppo ingessato da normative che lo rendono indisponibile ed inaccessibile ricostruendo, di contro, la partecipazione popolare che resta l’unica vera forza ad avere un significato “culturale”

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